Recortes de prensa y noticias de jardines (Sección fuera de España)  

Jardines de Italia


Portada de Ciberjob Historico de noticias de los Jardines de Italia Para escribirnos

lunes, julio 31, 2006 :::
 
Fuente: Comunicati.it
Fecha:19-7-06


Il Credit Suisse partner di Grandi Giardini Italiani
Iniziata la collaborazione tra la Banca e il circuito di giardini.


Milano,

Il Credit Suisse ha deciso di sostenere i Grandi Giardini Italiani, un circuito di giardini storici, moderni o d'autore, privati e pubblici, aperti al pubblico e distribuiti sull'intero territorio italiano.

Da sempre il Credit Suisse si è mostrato sensibile nei confronti di iniziative culturali e sportive, sostenendo numerosi enti e manifestazioni a livello internazionale. Con il sostegno ai Grandi Giardini Italiani, il Credit Suisse aggiunge un ulteriore tassello al suo ricco calendario di impegni culturali.

L'impegno si inserisce nel quadro dei festeggiamenti della Banca per il proprio 150° anniversario, all'insegna dei suoi valori: tradizione e innovazione. Valori che ben si adattano alla partnership con i Grandi Giardini Italiani, nelle cui iniziative la lunga storia del paesaggio è abbinata a forme di creatività tradizionali e innovative.

Il Credit Suisse desidera esprimere i propri ringraziamenti ai promotori dei Grandi Giardini Italiani, che con la loro passione e il loro entusiasmo contribuiscono alla conservazione e alla divulgazione del patrimonio botanico e artistico nazionale.

::: Noticia generada a las 11:28 AM


jueves, julio 20, 2006 :::
 
Fuente: RomaOne
Fecha: 19-7-06
Autora: Deborah Marchioro


Tivoli ha il "Parco più bello d'Italia"

Il giardino di Villa d'Este, inserito nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO, ha vinto la quarta edizione del concorso promosso da Briggs & Stratton e Grandi Giardini Italiani


Roma, 19 luglio 2006. Sarà consegnato domani 20 luglio il premio del concorso "Il Parco più bello d'Italia", che quest'anno ha visto vincitore il giardino di Villa d'Este a Tivoli: giunto alla quarta edizione, il concorso è promosso dalla Briggs & Stratton in collaborazione con Grandi Giardini Italiani, un circuito che valorizza e i più bei parchi e giardini italiani.

Il parco di Villa d'Este, inserito nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO, è stato scelto in una rosa di cento giardini finalisti da una giuria riunitasi a Milano il 12 aprile scorso e composta da Judith Wade (Presidente), fondatrice di Grandi Giardini Italiani, Anna Maria Botticelli, biologa, pubblicista, collaboratrice di testate del settore, Lorena Lombroso, redattrice per riviste del settore, Simona Pareschi, redattrice per riviste del settore e autrice di pubblicazioni, Dott. Oreste Petilli, Circuito Grandi Giardini Italiani, Arch. Ines Romiti, Arch. Paesaggista, redattrice rivista ufficiale dell'Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, Arch. Massimo Semola, arch. Paesaggista, docente di Arch. dei giardini all'ISAD di Milano e alla Scuola Agraria del Parco di Monza.

Ad essere premiata non è stata solo la bellezza del "giardino delle meraviglie" voluto dal cardinale Ippolito d'Este alla metà del Cinquecento, ma anche la cura, la manutenzione, i servizi offerti ai visitatori e l'attenzione ai disabili e agli anziani.Come ha dichiarato il Soprintendente Arch. Anna Maria Affanni, si tratta di "un risultato che premia gli sforzi della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio cui la villa è affidata e che individua nell'alta professionalità del team di tecnici incaricati e nella continuità dell'azione di tutela e conservazione assicurata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali la chiave di questo successo".Quale vincitore dell'edizione italiana, il giardino di Villa d'Este parteciperà poi al concorso per il "Parco più bello d'Europa", istituito quest'anno, insieme ai parchi vincitori delle edizioni nazionali europee.

::: Noticia generada a las 11:57 PM


 
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Fuente: Avanti
Fecha: 5-7-06
Autor: Elviro Di Meo


IL GIARDINO INGLESE E L’INNOVAZIONE ARCHITETTONICA NEL PARCO DELLA REGGIA DI CASERTA
Vanvitelli, modelli a confronto

Caserta anticipatrice dei tempi; antesignana di gusti e tendenze architettoniche dell’Europa della seconda metà del secolo dei Lumi. Un esempio di una nuova stagione artistica è il parco della Reggia impostato come interpretazione del grandioso giardino barocco, di cui conserva la concezione spaziale di un paesaggio infinito, organizzato intorno a un asse centrale dominante, cui la reggia fa da sfondo. Immediato il riferimento al giardino di Versailles progettato dal francese Le Nôtre: tappa obbligata per la sistemazione dei parchi delle maggiori residenze reale. Nel progetto del 1751 il giardino si presenta come una griglia geometrica, razionalissima, come la stessa impostazione planimetrica del Palazzo reale. All’interno di questo schema si aprono a ventaglio spunti rivisitati dal manierismo cinquecentesco, ancora imbevuto di riscoperta della classicità: parterres con fiori bassi, fontane, specchi d’acqua, boschetti e soprattutto una decorazione scultorea particolarmente ricca. Ricca soprattutto di allegorie riprese da un repertorio tratto dalla mitologia greca e romana. L’aspetto attuale del parco è diverso dal progetto originario, dal primo disegno del maestro. Vanvitelli e successivamente con il figlio Carlo, che gli succede nella direzione dei lavori, disegna un asse prospettico preciso concentrato su di una “stradafiume”, un percorso che discende sotto forma di cascata dalla collina di Briano, alimentata dal nuovo acquedotto carolino. Il riferimento alla Villa d’Este di Tivoli è immediato per il continuo rimando all’apparato di sculture, giochi d’acqua, alla visuale che si intravede da ogni lato. Ma Caserta è un’altra cosa. Si sperimenta, in particolar modo, un linguaggio innovativo. E’ diversa dalla creazione cinquecentesca di Pirro Logorio, basta leggere la scansione del ritmo. A tale titolo va citato lo storico G.L. Hersey, che scrive a proposito: “Se il parco è una revisione di villa d’Este, Vanvitelli rivede il modello di partenza dilatandolo lungo un canale come quello di Versailles o persino come un canale olandese. Si potrebbe dire che Caserta reinterpreta Pirro Ligorio attraverso gli occhi di Gaspard Van Wittel. Tutto ciò che era opulento, accidentato, frastagliato, diviene lungo, basso, geometrico”. Le diverse favole mitologiche scolpite segnano le tappe del cammino. Alla base della cascata, la leggenda di Diana e Atteone organizzata in due gruppi distinti: da una parte la dea sorpresa al bagno, circondata dalle ninfe, dall’altra la metamorfosi e la morte di Atteone; così la Fontana di Venere e Adone, la Fontana di Cerere, la Fontana di Eolo, la Cascata dei delfini e infine la Fontana di Margarita che conclude la serie. Una sequenza di favole antiche che cela, secondo Hersey, “un complesso programma iconografico ed iconologico di matrice da ricercare in Gian Battista Vico, forse suggerito a Vanvitelli dall’erudito amico Porzio Leonardi. Esse sarebbero allegorie del progressivo affermarsi della civiltà umana, tanto cara alla filosofia vichiana. Dunque allegorie del culto, del matrimonio, della nascita dell’agricoltura e dell’istituzione delle leggi”. Uno studio a parte merita una zona del parco di Caserta, voluta su decisione da Ferdinando IV e Maria Carolina, trasformata dopo il 1768 in giardino inglese, con successivi interventi a opera di Andrea Graefer. Ed è proprio questo il punto di contatto che è a testimonianza del clima culturale che si respira in Europea, negli ultimi decenni del Settecento. L’accorgersi di una nuova concezione del giardinaggio, nata in Inghilterra durante la prima metà del secolo, che ha i suoi maggiori interpreti in William Kent e Lancelot Capability Brown, solo per citare gli iniziatori di una tendenza che avrà grandissima fortuna nella nobiltà e nell’alta borghesia. Alla natura conclusa entro il geometrico schema dei giardini francesi si contrappone una natura rappresentata nel suo libero svolgersi, nell’atto stesso in cui si manifesta. L’artificio esiste ma è nascosto; è ben celato da effetti che sorprendono il fruitore che rimane rapito dalla visione d’insieme. Il giardino all’inglese, che nell’ottocento acquisterà la sua piena maturità, con l’introduzione per il gusto del rudere archeologico, anche se artificiale, viene sempre più avvicinato a quello cinese che proprio alla fine del Settecento si stava scoprendo e che dettava legge. Una testimonianza è un brano tratto dal “Saggio sopra l’opera in musica” del 1763 di Algarotti. “I giardinieri della Cina sono come altrettanti pittori, i quali non piantano mica un giardino con quella regolarità ch’è propria dell’arte dell’edificar le case, ma presa la Natura come esemplare, fanno quanto sanno d’imitarla nella irregolarità e varietà sua. Lor costume è di scegliere quegli oggetti che nel genere loro piacciano di più alla vista, disporli in maniera che l’uno sia all’altro di contrapposto e ne risulti dall’insieme un non so di peregrino e di insolito. Vanno tramezzando ne’ boschetti alberi di differente portamento, condizione, tinta e natura. Vari sono i siti che nel medesimo sito, per così dire, rappresentano. Qua ti raccapriccia una veduta di scogli artifiziosamente tagliati e come pendoli in aria, di cascata d’acqua, di caverne di grotte, dove fanno giocare variamente il lume. Là ti ricrea una veduta di fioriti parterri, di limpidi canali e di vaghe isolette con di begli edifizi che nelle acque si specchiano. Dal sito più orrido ti fanno ad un tratto trapassare al più ameno; né mai dal diletto ne va disgiunta la meraviglia. Simili ai giardini della Cina sono quelli che piantano gli Inglesi dietro al medesimo modello della Natura. Quanto ella ha di vago e di vario, boschetti, collinette, acque vive, praterie con dei tempietti, degli obelischi e anche di belle rovine che spuntano qua e là, si trova quivi riunito dal gusto dei Kent, dei Chambre e dei Brown, che hanno di tanto in tanto sorpassato il Le Nôtre tenuto già il maestro dell’architettura, dirò così, de’ giardini. Dalle ville d’Inghilterra ne è bandita la simmetria francese, i più bei siti paiono naturali, il culto è misto col negletto”. Francesco Algarotti in Italia fu il primo divulgatore delle idee Lodoliane: il filosofo, teorico dell’architettura. Ma, pur manifestando chiara ammirazione, attenuò in parte l’eversivo radicalismo delle sue proposte. Se concorda con frate Carlo Lodoli, il Socrate architetto, nel sostenere la causa di un’architettura che bandisca tutto ciò che sia superfluo, un orpello inutile, che non abbia una funzione precisa e utilità e condanna il totale scadimento dell’architettura contemporanea, non accetta la critica di artisti di opere classiche, seppur interpretate in chiave personale, in particolare le fabbriche di Bramante nel periodo che trascorre a Roma, Sansovino e soprattutto del conterraneo Palladio. E proprio dell’architettura palladiana farà un punto di forza. Mentre Algarotti teorizza le sue idee, gli architetti le mettono in pratica. Autori come Giovanni Scalfarotto (Chiesa dei Santi Simone e Guida), Andrea Tirali (Chiesa di San Vidal), Giorgio Massari (Chiesa dei Gesuati), Tommaso Temanza (Chiesa della Maddalena) interpretano l’arte di Andrea Palladio con una fedele precisione che rimanda, senza nessun’ombra di dubbio, alla Chiesa del Redentore, quella di San Giorgio Maggiore e di San Francesco alla Vigna. L’uso del timpano spezzato, l’ordine delle colonne, il pronao, l’utilizzo del bianco come colore dominante, sono chiari segni di una rilettura filtrata di due secoli di architettura, al cui interno, si sono alternati momenti storici decisivi, come gli influssi derivanti dalla controriforma con i suoi dettami obbligati e regole fisse, dove la libertà dell’artista si è piegata al volere della committenza.

::: Noticia generada a las 11:52 PM


 
Fuente: Sanremonews
Fecha: 23-6-06
Autor: A. Gu



XXmiglia: l'8 luglio, XIV Premio Grinzane Giardini Hanbury

Sabato 8 luglio, alle 17.30, si terrà a Villa Hanbury a Ventimiglia, la cerimonia finale della XIV edizione del Premio Grinzane Giardini Botanici Hanbury. La manifestazione è realizzata dal Premio Grinzane Cavour d’intesa con la Regione Liguria e la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e con il patrocinio dell’Università degli Studi di Genova.

La giuria del premio, presieduta da Marella Agnelli, e composta da Boris Biancheri, Sergio Buonadonna, Annalisa Maniglio Calcagno, Francesca Marzotto Caotorta, Giuseppe Conte, Massimo Venturi Ferriolo, Sergio Givone, Paolo Mauri, Nico Orengo, Paolo Pejrone, Ippolito Pizzetti, Paola Profumo, Claude Raffestin e Giuliano Soria (coordinatore) ha scelto i vincitori 2006. I vincitori della XIV edizione sono:

a) per la prima sezione, dedicata a un libro di narrativa italiana o straniera in cui prevalga in modo determinante il sentimento dell’ambiente e della natura: Luigi Zangheri, Brunella Lorenzi, Nausikaa Mandana Ramati, Il giardino islamico (Leo Olschki editore)

b) per la seconda sezione destinata a un libro di botanica o architettura italiano o straniero dedicato alla cultura dei giardini: Elena Accati, Elena Costa Theatrum Rosarum ( Umberto Allemandi editore); Charles & Brigid Quest-Ritson Grande enciclopedia illustrata delle rose (De Agostini)

c) per la terza sezione destinata a un volume dedicato alla storia del giardino e del paesaggio in Liguria e fuori: Lucia Impelluso, >B>Giardini, orti e labirinti (Mondadori Electa)

d) un premio speciale è stato attribuito alla tesi di dottorato: Fare parchi urbani: Etiche ed estetiche del progetto contemporaneo in Europa di Anna Lambertini

La consegna dei premi sarà preceduta alle ore 16.30 dall’incontro Giardini d’Oriente. Intervengono Khaled Fouad Allam, Younis Tawfik, Luigi Zangheri e Nausikaa Mandana Rahmati, coordina Boris Biancheri.

Il Premio Grinzane Giardini Botanici Hanbury prende il nome dal complesso naturalistico creato nel 1867 da Sir Thomas Hanbury e fa parte di un più ampio progetto del Premio Grinzane Cavour, che auspica la realizzazione di un “parco culturale” volto alla valorizzazione del territorio inteso come luogo letterario, paesaggistico, architettonico e storico in Liguria così come in altre aree italiane.

::: Noticia generada a las 11:47 PM


 
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Fuente: Servizi del giorno
Fecha: 20-6-06

"SCULTURE IN VILLA": LA SCULTURA CONTEMPORANEA IN MOSTRA NELLA CINQUECENTESCA VILLA D'ESTE A TIVOLI


TIVOLI\ aise\ - Dal 14 giugno scorso e sino al 5 novembre, la scultura contemporanea incontra la cinquecentesca Villa d'Este di Tivoli, dove si tiene la mostra "Sculture in Villa" con otto sculture di grandi dimensioni di altrettanti artisti italiani contemporanei Lucilla Catania, Umberto Cavenago, Nedda Guidi, Luigi Mainolfi, Eliseo Mattiacci, Marcello Mondazzi, Mauro Staccioli e Giuseppe Spagnulo. Alle otto sculture allestite nel giardino è affiancata la sezione "Profili" all'interno dell'appartamento del Cardinale del Palazzo di Pirro Ligorio con una esposizione monografica dei singoli artisti circoscritta ai temi della mostra. Promossa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio, guidata da Anna Maria Affanni, e dal direttore di Villa d'Este, Isabella Barisi, d'intesa con la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, la mostra "Sculture in Villa" è a cura di Giorgio de Marchis, Nicoletta Cardano e Maria Vittoria Marini Clarelli.L'esposizione, organizzata da ATI De Luca Editori d'Arte-Mostrare, vuole essere una ricognizione attuale, non esaustiva, ma per exempla, dello stato della scultura in Italia, offrendo gli elementi per una riflessione sui caratteri odierni di permanenza del linguaggio plastico. Attraverso artisti appartenenti a diverse generazioni sono indagate le varie articolazioni della ricerca formale, le relazioni volumetriche e spaziali, le caratteristiche di peso e volume e le mutazioni di uso e trattamento dei materiali: dall'acciaio forgiato (Spagnulo), alla pietra scolpita (Catania), alla terracotta (Guidi), alla plastica fusa per combustione (Mondazzi), all'assemblage di elementi industriali saldati (Mattiacci), alla modellazione di elementi in ferro (Mainolfi), all'acciaio corten (Staccioli, Cavenago).Nella cornice di Villa d'Este, capolavoro del giardino italiano più volte emulato nei giardini europei del manierismo e del barocco, tra fontane, ninfei, grotte, giochi d'acqua e musiche idrauliche, la mostra "Sculture in Villa" propone opere che si affermano nella loro evidenza di presenze plastiche nello spazio della Villa e mostrano nella loro autonomia formale la costante di un dialogo serrato tra forma e materia. La scelta delle opere viene rafforzata dal confronto con lo spazio dello straordinario parco cinquecentesco. L'accostamento tra le suggestioni dell'antico e gli stimoli del contemporaneo si rivela infatti particolarmente interessante sia per le caratteristiche architettoniche e paesaggistiche del luogo, sia per le sue valenze simboliche e allegoriche rintracciabili nella stessa costruzione e organizzazione degli spazi, nel complesso e articolato sistema di fontane, nell'insieme degli oggetti ornamentali e delle sculture, nella loro disposizione. Negli splendidi giardini all'italiana di Villa d’Este sono esposte otto sculture monumentali, di cui cinque realizzate per questa occasione e tre di recente realizzazione. Ogni artista ha comunque allestito in un luogo prestabilito del parco un'opera di recente realizzazione o appositamente eseguita, secondo un progetto di stretta interrelazione.Tra le sculture realizzate appositamente per la mostra di Tivoli, Mauro Staccioli ha progettato alla fine del viale delle Peschiere un grande triangolo di otto metri in acciaio corten, "Senza titolo (Villa d'Este)" (2005-2006) che sembra essere in bilico e si pone con la sua geometria instabile in relazione con lo spazio e la storia della villa, diventando una sorta di cornice che si lascia attraversare dal giardino e dal paesaggio circostante. Eliseo Mattiacci ha realizzato con materiali industriali "Capta Segnali" (2006), una scultura con un disco di acciaio che guarda al cielo, teso a captare suoni e segnali celesti provenienti da un immaginario e infinito spazio cosmico. Marcello Mondazzi ha creato una forma ovoidale, trasparente e permeabile alla luce, sperimentando in modo del tutto particolare il materiale plastico, fuso per combustioni successive e modellato; la sua scultura "Nihil est ovo - Non c'è ragione all'uovo" (2005-2006), richiama in modo involontario, come indica il titolo ripreso da un graffito della Villa del 1565, il simbolismo della forma ovoidale presente nel disegno del giardino, nelle fontane del Dragone e dell'Ovato. Umberto Cavenago colloca in una delle aiuole in leggera pendenza la sua "La 74 " (2006), una scultura su ruote, in acciaio corten, una sorta di macchina progettata in sessanta pezzi da montare che stravolge le connotazioni tradizionali, le nozioni di immobilità e le relazioni materiali dell'opera scultorea. Lucilla Catania ha infine realizzato una nuova versione di "Ondine" (2005), una serie di moduli parallelepipedi in marmo rosso di Verona, a pianta rettangolare e di forma irregolare con una superficie inclinata e ondulata; gli elementi sono disposti orizzontalmente sul terreno in successione tale da creare uno spazio e un ritmo paralleli e autonomi rispetto a quello ambientale.Altri artisti hanno sistemato nel giardino opere recentemente realizzate, corrispondenti ai criteri della mostra e che si prestano particolarmente ad un dialogo con lo spazio della Villa. Nedda Guidi nel viale che conduce lateralmente alla Fontana dell'Organo ha sistemato il suo "Pozzo" (2000), un'opera in terracotta fatta con elementi modulari, parallelepipedi curvi, combinabili per giustapposizione e sovrapposizione, a formare una figura geometricamente esatta, un cilindro o un anello che ha una valenza iconografica densa di rimandi mitici. Luigi Mainolfi presenta "Solcavallo" (1998), una figura di animale fantastico realizzata con elementi metallici rettilinei di produzione industriale che appare come una scultura disegnata, un disegno tracciato in aria sopra la fontana della Rometta. E Giuseppe Spagnulo mostra sullo sfondo delle cascate della Fontana dell'Organo una "Ruota" (1999) in acciaio forgiato, di cui lo spettatore percepisce la forza e la densità della materia e i segni provocati dalla lavorazione con il fuoco che lascia fenditure e lacerazioni nella struttura geometrica della composizione; alla perfezione formale del cerchio si oppone l'instabilità degli incastri, l'equilibrio ambiguo dei moduli interni cubici che concorrono a definire attraverso lo spessore materico fatto di rotture, lacerazioni, aperture, l'intero della forma.L'esposizione delle sculture nel giardino è accompagnata nell'appartamento del piano terra del Palazzo di Pirro Ligorio dalla sezione "Profili" in cui, attraverso una scelta sintetica di circa sessanta opere, tra sculture, bozzetti e disegni preparatori, vengono approfonditi i singoli aspetti di ricerca degli artisti, nei diversi materiali, nella ricerca plastica e nelle relazioni con lo spazio e la luce.L'allestimento delle opere all'esterno e nella sezione "Profili" è curato da Enrico Valeriani. Accompagnano infine la mostra il catalogo De Luca Editori d'Arte e delle piccole monografie, a cura di Nicoletta Cardano, dedicate ai singoli autori e all'opera realizzata per la mostra. (aise)

::: Noticia generada a las 11:34 PM




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